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Ci aveva ragione Gaber, ci aveva

Prima guardavo Porta a Porta, col plastico del Quirinale e il Brunone nazionale (di quale nazione non è chiaro) che ci sguazzerà – eccome se ci sguazzerà! – nelle trattative per la elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Vespa mi pare una comare, più che un giornalista, con quel suo ghigno da uomo navigato e il fare intrallazzone del faccendiere ben introdotto. Sta lì a pavoneggiarsi, in piedi nel bel mezzo della terza Camera del Parlamento (ohggesùgiuseppeemmaria), ben consapevole della posizione sociale ormai da anni conquistata che lo eleva al rango di principe dei giornalisti italiani. Somiglia proprio a quelle bigotte comari ottuagenarie che sanno sempre tutto di tutti, pronte a cucire abiti ed etichette sulla gente, con la loro lingua biforcuta. D’altronde nelle vene gli scorre sangue democristiano e lo dice pure lui, che è abituato a confezionare trasmissioni su misura.

Voi penserete: “Coglione tu che guardi ancora Porta a Porta”. Non lo guardo Porta a Porta, come non guardo più tutti gli altri talk d’informazione. Non hanno niente da insegnarmi. Però stasera non c’era proprio niente in TV, e lo so, devo decidermi a scagliarlo dalla finestra, l’apparecchio infernale, ma a mia parziale giustificazione posso dire che ho guardato la puntata solo per una decina di minuti. Giusto il tempo di capire quali erano gli ospiti: Salvini, Toti, Lupi, Guerini. Mancavano solo Gasparri e Borghezio.

E ragazzi, diventano sempre più brutti. Una sfilata di mostri. Brutti so’ brutti, per carità, ma non si tratta tanto di una questione estetica. E’ che in viso hanno qualcosa di malsano, di malaticcio. Sarà il cerone, magari. Costretti in quei colletti inamidati abbottonati al pomo d’Adamo, col doppio mento che fuoriesce. Capigliatura rigida e squadrata, divisa d’ordinanza e non uno, non uno che stia bene in giacca e cravatta.

Piccino piccino picciò

Ieri sono passato dal barbiere a sfoltire una chioma ormai troppo irrequieta. In attesa che arrivasse il mio turno, mi son messo a sfogliare un po’ di riviste, niente di impegnativo, la classica roba che ancora si può trovare dai barbieri, avete presente: motori, gossip, sport, pin-up in abiti succinti.

Più che altro ho guardato le figure, come facciamo certe volte, quando non abbiamo voglia di concentrarci o quando ci capitano sotto gli occhi testi che non riusciamo a capire. Una cosa l’ho letta davvero, però, un pezzo di Alberto Anile per “TV Sorrisi e Canzoni” sui celeberrimi plastici di “Porta a Porta”.

Il titolo e la foto di Rino Petrosino anticipano uno slancio fanciullesco che traboccherà nel resto dell’articolo. Un tenerissimo Vespa posa in mezzo ai suoi giocattoli preferiti: la casa di Avetrana in cui fu uccisa Sarah Scazzi, la Costa Concordia di Schettino che costò la vita a più di 30 persone, l’appartamento in cui morì per asfissia Brenda, il trans coinvolto nella vicenda Marrazzo, e tutti gli altri gioiellini di famiglia.

Tutti tranne uno. Manca infatti il modellino della villa di Cogne, illustre capostipite della genia del plastico vespiano. Pare che sia andato perso e non riescano proprio a ritrovarlo. Ma Bruno è diventato un ometto…

[…] Vespa arriva, elegante e sorridente. Sapeva che l’avremmo ritratto in mezzo ai suoi plastici, ma vederli radunati è un tuffo al cuore. Non li riconosce tutti al primo sguardo: <<Aspetta, quello è…Cogne?>> No, Cogne non c’è. Glielo dicono e lui non ne fa una tragedia. Dietro le poltrone si sente distintamente un sospiro di sollievo.

Il modellino più impressionante è quello della casa di Avetrana, arredata con tavoli, sedie e tre automobiline dietro il cancello. Ma non scherza neanche quello di Brenda: in bagno c’è uno specchio e sulla mensola ci sono perfino tre mini cosmetici. <<Per me la tv è fisicità>> spiega il conduttore. <<Mentre i quotidiani facevano le piantine di Cogne, a me è venuta l’idea di realizzare il plastico: ci si può girare intorno, farlo vedere, toccarlo. (…) >> […]