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Un regalo cinese

Me lo ha portato un amico di ritorno dalla Cina, il libretto rosso che racchiude stralci di opere e discorsi di Mao Tse-Tung. E’ in inglese, in formato tascabile, con testo originale a fronte.

Provo a tradurre qualche passo estratto dai 33 capitoli in cui è suddivisa l’antologia. Il linguaggio è quello tipico della comunicazione politica e dei tiranni in particolare: un mantra semplice, diretto, ridondante, manicheo, ossessivo, didascalico.

Il Partito Comunista

Un Partito ben organizzato e armato di teoria marxista-leninista, che usa il metodo dell’autocritica ed è collegato alle masse popolari; un esercito sotto il comando di tale Partito; un fronte compatto di tutte le classi e i gruppi rivoluzionari guidato da tale Partito. Queste sono le tre armi principali grazie alle quali abbiamo sconfitto il nemico.

Classi e lotta di classe

Le classi si combattono, alcune trionfano, altre vengono eliminate. Così è la storia, così è stata la storia della civiltà per migliaia di anni. Interpretare la storia da questo punto di vista è materialismo storico; opporsi a questa interpretazione è idealismo storico.

I cambiamenti sociali sono determinati principalmente dallo sviluppo di conflitti in seno alla società. Il conflitto fra forze produttive e rapporti di produzione, il conflitto fra classi, il conflitto fra vecchio e nuovo. E’ lo sviluppo di tali conflitti che spinge la società in avanti e fornisce alla nuova società la forza per sopprimere la vecchia.

Una rivoluzione non è una cena di gala, non è come scrivere un saggio, dipingere un quadro o ricamare; non può essere tanto raffinata, tanto calma e delicata, tanto misurata, cortese, contenuta e magnanima. Una rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con cui una classe ne rovescia un’altra.

Socialismo e comunismo 

Il Comunismo è al tempo stesso il sistema ideologico del proletariato e un nuovo sistema sociale. E’ diverso da qualsiasi altro sistema ideologico e sociale, ed è il sistema più completo, progressista, rivoluzionario e razionale nella storia dell’umanità. Il sistema ideologico e sociale del feudalesimo può avere un posto solo nel museo della storia. Il sistema ideologico e sociale capitalista è diventato un esemplare da museo in una parte del mondo (in Unione Sovietica), mentre in altri paesi somiglia a “un moribondo che sta affondando velocemente, come il sole che tramonta al di là delle colline occidentali”, e sarà presto relegato in un museo. Il sistema ideologico e sociale comunista è il solo pieno di giovinezza e vitalità, e si propaga nel mondo con la velocità di una valanga e la forza di un fulmine.

Alla fine il sistema socialista rimpiazzerà quello capitalista; si tratta di una verità oggettiva indipendente dalla volontà umana. Nonostante i reazionari cerchino di fermare la ruota della storia, presto o tardi la rivoluzione avrà luogo e inevitabilmente trionferà.

Il problema più serio è l’educazione della classe contadina. L’economia contadina è disorganizzata, e la socializzazione dell’agricoltura, sulla base dell’esperienza sovietica, richiederà molto tempo e un lavoro scrupoloso. Senza la socializzazione dell’agricoltura, non può esistere alcun completo e solido socialismo.

La dittatura democratica del popolo si serve di due metodi. Contro i nemici, usa il metodo della dittatura, per tutto il tempo necessario ad evitare che prendano parte all’attività politica; li costringe ad obbedire alla legge del Governo Popolare e a dedicarsi al lavoro, in modo che, attraverso il lavoro, si trasformino in uomini nuovi. Verso il popolo, al contrario, non usa la costrizione ma il metodo democratico; essa deve necessariamente consentire al popolo di partecipare all’attività politica e non obbliga le persone a fare questo o quello, ma si serve del metodo democratico per educare e persuadere.

Guerra e pace

La storia dimostra che le guerre si dividono in due tipi, giuste ed ingiuste. Tutte le guerre progressiste sono giuste, e tutte le guerre che ostacolano il progresso sono ingiuste. Noi Comunisti ci opponiamo a tutte le guerre ingiuste che ostacolano il progresso, ma non a quelle progressiste, che sono giuste. Non solo noi Comunisti non ci opponiamo alle guerre giuste, ma vi partecipiamo attivamente. La Prima Guerra Mondiale è un esempio di guerra ingiusta in cui entrambi gli schieramenti hanno combattuto per interessi imperialisti; di conseguenza i Comunisti di tutto il mondo l’hanno contrastata risolutamente. Opporsi a una guerra di questo tipo significa fare tutto il possibile per prevenirne lo scoppio e, una volta scoppiata, contrastare la guerra con la guerra, contrastare la guerra ingiusta con la guerra giusta, ogni volta che sia possibile.

Le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili in una società classista, senza di esse è impossibile compiere alcun balzo in avanti verso il progresso sociale e rovesciare le classi dirigenti reazionarie, e dunque è impossibile per il popolo conquistare il potere politico.

Cultura e arte

Nella critica letteraria ed artistica esistono due criteri, quello politico e quello artistico […] qual è la relazione fra i due? La politica non può essere equiparata all’arte, così come una visione generale del mondo non può essere equiparata ad un metodo di critica o di creazione artistica. Noi neghiamo non solo l’esistenza di un astratto e assolutamente immutabile criterio politico, ma anche l’esistenza di un astratto e assolutamente immutabile criterio artistico; ogni classe in ciascuna società classista ha i propri criteri politici e artistici. Ma tutte le classi in ciascuna società classista antepongono invariabilmente il criterio politico a quello artistico… Ciò che noi pretendiamo è l’unità della politica e dell’arte, l’unità di contenuto e forma, l’unità del contenuto politico rivoluzionario nella massima perfezione possibile della forma artistica. Le opere d’arte senza qualità artistica non hanno forza, anche se progressiste dal punto di vista politico. Quindi, noi ci opponiamo tanto alle opere d’arte che esprimono una prospettiva politica errata, quanto alla tendenza verso lo “stile poster e slogan” che è corretto dal punto di vista politico ma manca di forza artistica. Sulle questioni letterarie e artistiche dobbiamo portare avanti una battaglia sue due fronti.

 

 

La storia di Greg Packer, l’uomo più citato dai media americani

 Se l’americano medio avesse un volto, certamente sarebbe quello di Greg Packer. Non solo perché è un trippone di mezza età dall’incipiente calvizie. Telefonate una qualsiasi delle migliori redazioni giornalistiche a stelle e strisce e dopo una raffica di bestemmie ne riceverete conferma. Greg Packer può infatti fregiarsi del titolo di “man on the street” più citato dagli organi di informazione made in USA.

Nel linguaggio mediatico questa espressione – traducibile con l’equivalente latino “vox populi” – rimanda alla consolidata pratica giornalistica di intervistare l’uomo comune, l’uomo della strada appunto, per rendere conto al pubblico di quale sia l’opinione popolare corrente rispetto a determinati eventi di costume, fatti di cronaca o argomenti d’attualità. Poniamo che un inviato debba confezionare un servizio televisivo su un incontro di calcio. Andrà allo stadio qualche ora prima del fischio d’inizio e intervisterà i tifosi di entrambe le squadre per tastare il clima prepartita. Se il giornalista è di Studio Aperto si preoccuperà di intercettare il più facinoroso della compagnia, meglio se un neonazi con le braghe calate che ce l’ha a morte con i negri, se è del Tg1 punterà il padre di famiglia che stringe fra le braccia il pargolo con in testa un cappelletto bicolore e nella manina una bandiera della squadra del cuore sventolante. Se il giornalista è americano, invece, per prima cosa si tratterà di baseball e non di calcio, ma soprattutto è molto facile che si materializzi sotto i suoi occhi la figura bonaria e pacioccona di Greg Packer.

Greg Packer – che per quelle meravigliose bizzarrie del destino in vita sua ha lavorato sempre come addetto alla manutenzione delle strade, quindi man on the street per eccellenza (ok, questa potevo evitarla) – dal 1995 ad oggi è stato citato come vox populi dagli organi di informazione statunitensi più di cento volte fra articoli di giornale e servizi televisivi. Dal 1994 al 2004 è stato citato o fotografato almeno 16 volte dall’Associated Press, 14 da Newsday, 13 da dal New York Daily News, 12 dal New York Post. Vi consiglio di leggere la corposa pagina Wikipedia del nostro campione, corposa dato il soggetto in questione, che non ha nulla da invidiare a quella di una starlette hollywoodiana o di un geniale ma poco noto luminare della fisica quantistica.

Ovviamente questa sovraesposizione mediatica non è un caso, ma il frutto di una strategia studiata fin nei minimi dettagli. Packer ci si impegna così tanto che ha fatto dell’apparire su giornali e tv costi quel che costi lo scopo principale della sua esistenza terrena. Apprendo da Wikipedia che il nostro adotta due tecniche in particolare: a) presenzia al maggior numero possibile di eventi a cui si prevede partecipino delle celebrità, vive o morte che siano; b) cerca di essere sempre il primo ad acquistare qualsiasi tipo di nuovo prodotto, specie se un oggetto tecnologico di marca Apple, che si suppone riceverà ampia copertura giornalistica nel giorno del lancio sul mercato; l’abilità e le capacità di resistenza psicofisica dimostrate in questa attività gli sono valse la qualifica di professional line sitter.

Nel posto giusto al momento giusto, semplice. Un Paolini d’oltreoceano, solo molto più discreto, che non insulta il Papa in diretta e al quale non frega una mazza delle campagne sociali a sostegno dell’uso del preservativo. Ecco alcuni dei trofei che impreziosiscono il suo palmarès:

–  nel 2012 è uno dei primi tra quelli che sostano nell’area riservata agli spettatori ad apparire in video durante i funerali di Whitney Houston; citato addirittura da France-Press

– nel 1997 guida la fila di persone che si trovano davanti al consolato britannico per firmare il libro di condoglianze in occasione della morte della principessa Diana

– nel gennaio del 2001 dorme nella neve di Washington solo per essere il primo a dare il benvenuto a George W. Bush nel giorno dell’insediamento alla Casa Bianca

Ora, i giornalisti sono distratti e coglioni, ma fino a un certo punto. Il nome di Gregory Packer inizia a circolare nelle redazioni finché viene sgamato. Diventa a tal punto uno spauracchio che l’AP è costretta a diffondere un allarmante memo interno (JIMROMENESCO.COM):

To: News Editors/Correspondents USA

The world is full of all kinds of interesting people.

One of them is Greg Packer from Huntington, NY who apparently lives to get his name on the Associated Press Wire and in other media.

A Nexis search turned up 100 mentions in various publications. And that is just a handful of the stories. He shows up in AP Broadcast actualities and in one APTN piece.

Mr. Packer is clearly eager to be quoted. Let’s be eager too — to find other people to quote.

So far, he is apparently just attending East Coast events. But it is not out of the realm of possibility that he will someday show up in your town, first in line somewhere.

Ma le citazioni non si fermano né il signor Packer si lascia intimorire, anzi, prende questo per lui inconsueto ostracismo dei media come un’attestazione ufficiale del suo talento e della sua vittoria finale.

La ciliegina sulla torta prima di lasciarvi ad un bel video del New Yorker sull’argomento. Scorro fino in fondo alla pagina Wikipedia del nostro eroe e tra i link esterni ne trovo uno che rimanda a quello che dovrebbe essere il blog di Packer. Ci clicco su. In pratica pare che quest’uomo sia stato il primo in assoluto a comprare un iPhone presso l’Apple Store sulla Fifth Avenue di New York. Si è accampato davanti al negozio il 25 giugno del 2007 alle 5 del mattino, ovvero più di quattro giorni prima dell’uscita ufficiale dello smartphone sul mercato statunitense. E ha messo in piedi un sito WordPress, postando solo tre volte, tutte il 26 giugno, per raccontare al mondo la sua impresa. Sulla colonnina laterale del “blog” un annuncio recita:

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