Archivi tag: anni ’80

Archeomusica

image

Trent’anni fa il concetto di musica portatile era questo affare, uno stereo Philips D8614 Boombox Ghetto Blaster (prodotto a partire dal 1982) riemerso qualche giorno fa da un tenebroso ripostiglio.

A me fa venire subito in mente Radio Raheem di Fa’ la cosa giusta.

Maghi elettronici

 C’è una traccia nel nuovo disco dei Daft Punk che quest’estate ho ascoltato a ripetizione, in particolare ogni volta che mi è capitato di viaggiare in auto con mio fratello. E’ stata un po’ la nostra colonna sonora di quest’agosto ormai agli sgoccioli, il nostro personalissimo tormentone estivo, anche perché, avendo gusti musicali agli antipodi, quando si viaggia insieme o uno dei due si sacrifica (ma sacrificare le proprie orecchie è sempre difficile) o bisogna raggiungere un accordo; e i Daft Punk si sono rivelati un ottimo compromesso.

Il pezzo in questione è Giorgio by Moroder, scritto dal duo robotico parigino con la collaborazione di Giorgio Moroder. Se questo nome non vi dice niente, forse dipende dal fatto che Giorgio Moroder è un italiano atipico, un ambasciatore del Bel Paese nel mondo che non ha niente da spartire con i vari Pavarotti, Bocelli, Toto Cutugno, Pupo, Al Bano, Ramazzotti, Pausini, ovvero i classici prodotti da esportazione del made in Italy musicale. Un tedesco d’adozione che nella Germania del krautrock trovò il milieu perfetto per far nascere e crescere rigogliosi i suoi fiori elettronici.

Mentre da noi imperversava Questo piccolo grande amore, Moroder scopriva il sintetizzatore e attraverso l’uso spregiudicato di manopole e cavetti elettrici, da completo autodidatta, inventava di sana pianta un nuovo genere musicale, la disco music in salsa elettronica, e contemporaneamente dava il via all’epopea del sabato sera-in-discoteca-strafatti-e-seminudi (o club culture che dir si voglia), quel tunnel del divertimento, deriso da Caparezza in una delle sue canzoni più famose, che ha inghiottito la mia generazione e sta inghiottendo anche quella successiva.

Ma la dance music di Moroder era fresca, in anticipo sui tempi (From Here to Eternity è un disco da ascoltare, al di là dei gusti personali in fatto di musica), al contrario quella attuale è plastificata, trita, seriale, tutta uguale. Piaccia o meno, tamarro o gentiluomo, con un Moog Modular Moroder ha influenzato l’intera musica elettronica a venire e ha aperto la strada al successo planetario dei deejay e della musica da discoteca dei giorni nostri, il vero pop del nuovo millennio, più pop del pop.

Il connubio Moroder-Donna Summer segnò una vera e propria rivoluzione sonora e non bisogna dimenticare le musiche prestate al cinema nella duplice veste di autore/produttore (Scarface, American Gigolò) che gli sono valsi tre premi Oscar (“miglior colonna sonora” per Fuga di mezzanotte, “miglior canzone” per Flashdance… What a Feeling e Take My Breath Away, contenuta in Top Gun). E poi ancora le musiche scritte in occasione di grandi manifestazioni sportive come le Olimpiadi e i Mondiali di calcio (sua è To Be Number One, la versione originale di Un’estate italiana, indimenticabile sigla ufficiale di Italia ’90) e le collaborazioni con artisti del calibro di Elton John, Barbra Streisand, David Bowie.

Ora che i Daft Punk lo hanno eletto nel pantheon dei propri numi tutelari, l’artigiano di Ortisei sta vivendo una seconda giovinezza alla veneranda età di 73 anni. Firma dj-set in giro per il mondo, lui, vecchietto coi capelli grigi in mezzo a folle di ragazzini sovreccitati (giura che sono i primi  dj-set della sua carriera); perfino Google l’ha chiamato a scrivere la colonna sonora di un giochino sperimentale per smartphone.

Il pezzo dei Daft Punk è un’epica cavalcata nel passato, verso una notte qualsiasi di trenta o quarant’anni fa. Se lo ascolto a casa, mi mette voglia di uscire a correre: è perfetto per le cuffie dell’iPod. Se lo ascolto in macchina, mi mette voglia di spalancare il finestrino, sporgere la mano per sentire i flussi d’aria guizzanti tra le dita e pigiare un po’ più forte sull’acceleratore. Se lo ascolto di giorno, poi non vedo l’ora che arrivi sera per andare a far baldoria. Se lo ascolto di notte, mi dà l’impressione che tutto debba ancora succedere, che qualcosa di memorabile mi stia aspettando dietro l’angolo, e mi viene voglia di tirare avanti fino all’alba.

Quando l’intro parlato lascia finalmente posto al synth, nel momento esatto in cui Moroder finisce di dire “my name is Giovanni Giorgio but everybody calls me Giorgio“, non posso fare a meno di dondolare la testa e battere il tempo con i piedi. Chissà se a qualcuno di voi fa lo stesso effetto.

Nostalgia canaglia

Davvero sfizioso questo spot per “GLI ANNI ‘8O” , nuovo ciclo di documentari prodotto da National Geographic Channel, che debutterà in Italia domani, 4 giugno, alle 20:55.

Lo spot e l’intera campagna promozionale ruotano – è proprio il caso di dirlo – intorno al cubo di Rubik, che durante gli eighties si è diffuso a livello planetario.

Nel complesso, lavoro di pompaggio multimediale ben orchestrato (date un’occhiata alla sezione “GAME”), con The Corner London che si è occupata di promuovere il programma e Mullen di realizzare il sito di “The ’80s: The Decade That Made US” (chicca per i nostalgici del decennio), la versione originale della serie trasmessa negli Stati Uniti nella seconda metà di aprile.

Per quanto riguarda noi italiani, popolo di recidivi, dagli anni ’80 in poi la storia si è fermata. Persistono i governi democristiani, temi come l’immunità parlamentare, l’assetto istituzionale della Repubblica, il magna-magna degli onorevoli, la corruzione, l’ingovernabilità del Paese dominano ancora il dibattito pubblico e in generale ci frega ancora troppo poco di politica, con risultati evidenti.

In compenso, fedeli al nostro vero, irriducibile DNA culturale, ci abbuffiamo di calcio come sempre è stato, mentre le partite dell’undici azzurro restano uno dei rari, genuini momenti di unità nazionale.